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domenica 27 febbraio 2011

GIAPPONE IL BOSCO DEI SUICIDI IL LUOGO PIU ORRIDO DEL LA TERRA


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Edoard manet "il suicidio"


Amici! Ora io sono dinanzi al sipario, e mi appresto ad alzarlo per vedere se dietro di esso ci sia più pace che di qua. Non si tratta dell'impulso di una folle disperazione. Conosco troppo bene la catena dei miei giorni dai pochi anelli che ho vissuti. Sono stanco di andare avanti. Qui io voglio morire completamente o almeno rimanere per la notte. Qui riprenditi, o natura, la mia materia, impastala di nuovo nella massa degli esseri, fa' di me un cespuglio, una nube, tutto quello che vuoi, anche un uomo; ma non più me! Siano rese grazie alla filosofia se il corso dei miei pensieri non è ora turbato da alcuna pia commedia. Penso abbastanza, non temo nulla: bene, via dunque il sipario! (Discorso di un suicida scritto poco prima del gesto, in Georg Christoph LichtenbergLo scandaglio dell'anima)




Per suicidio (dal latino suicidium, sui occidio, uccisione di sé stessi) si intende l'atto col quale un individuo si procura volontariamente e consapevolmente la morte.
Il suicidio è il gesto autolesivo più estremo, tipico in condizioni di grave disagio psichico, particolarmente in persone affette da grave depressione e/o disturbi della personalità di tipo psicotico[1].
Lo status giuridico del suicidio in diritto italiano è oggetto di dibattito ma, secondo la dottrina dominante, questo è un atto legittimo e comunque non può essere punito (ed infatti non è prevista alcuna sanzione civile o penale nei confronti di chi tenta il suicidio). Al contrario, vengono puniti gli atti che tentano di influire su una terza persona determinandola al suicidio. L'articolo 580 del codice penale punisce severamente l'istigazione al suicidio, il rafforzamento del proposito suicida, nonché l'agevolazione in qualsiasi modo del suicidio altrui. L'art. 14 della legge n° 58 8 febbraio 1948 sulla stampa sanziona con le pene di cui all'art. 528 Codice Penale, originariamente previste per le pubblicazioni e gli spettacoli osceni, le pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti allorché, per la sensibilità ed impressionabilità ad essi proprie, siano idonee ad incitare al suicidio. In molti stati[senza fonte],per esempio la California, dove sono in molti a recarsi per cercare la morte sul Golden Gate Bridge [2], a San Francisco, il tentato suicidio continua a costituire reato.
Dal punto di vista medico-psichiatrico, numerosi dati [3] di letteratura indicano che è sicuramente possibile prevenire il suicidio nella popolazione generale, riducendo drasticamente il numero di morti, mediante apposite campagne di informazione e attraverso programmi e centri di aiuto e assistenza.
Sociologicamente il suicidio è stato trattato in modo molto approfondito da Émile Durkheim, che lo categorizza in quattro diverse modalità,continua a leggere....























Ci si può domandare se è ragionevole e morale – questi due termini sono inseparabili – uccidersi.
No! Uccidersi è irragionevole, così come tagliare i polloni di una pianta che si vorrebbe estirpare. Essa non morrà, crescerà irregolarmente, ecco tutto. La vita è indistruttibile, al di là del tempo e dello spazio. La morte non può che cambiarne la forma, mettendo fine alla sua manifestazione in questo mondo. Ma rinunciando alla vita in questo mondo, io non so se la forma che essa prenderà altrove, mi sarà più gradita e in secondo luogo io mi privo della possibilità di imparare e di acquisire a profitto del mio io, tutto ciò che avrei potuto apprendere in questo mondo. D'altra parte e soprattutto, il suicidio è irrazionale perché, rinunciando alla vita a causa del disgusto che essa mi provoca, io mostro di avere un concetto errato dello scopo della mia vita, supponendo che serva al mio piacere, mentre essa ha per scopo, da un lato, il mio perfezionamento personale e dall'altro la cooperazione all'opera generale che si compie nel mondo.
Ed è per questo che il suicidio è immorale. All'uomo che si uccide, la vita era stata data con la possibilità di vivere fino alla sua morte naturale, a condizione di essere utile all'opera generale della vita e lui, dopo aver goduto della vita, finché gli è parsa gradevole, ha rinunciato a metterla al servizio dell'utilità generale, appena gli è divenuta spiacevole; mentre verosimilmente egli cominciava a divenire utile nel preciso istante in cui la sua vita si incupiva, perché ogni lavoro comincia con travaglio. (Lev Tolstoj)

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Thoma Mann, La montagna incantata, 1924

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